…lâ ilahâ illâ… Quando ti sento arrivare il mio cuore danza, le mie braccia si aprono
14 giugno – 18 luglio 2009

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L’edizione 2009 di Ravenna Festival assume come propri temi quelli della preghiera e del rito, intesi come luoghi dell’anima e variamente declinati dall’interpretazione della musica e delle arti nel corso dei secoli. Il Festival celebra inoltre il proprio ventennale (la prima edizione risale, infatti, al 1990) e la dimensione meditativa del tema sarà disvelata nella sacralità delle basiliche bizantine, così impregnate di una spiritualità che viene da lontano, da un Oriente antico. Le grandi ricorrenze poi di compositori come Joseph Haydn e Georg Friedrich Händel si innestano anch’esse nel tema con la riproposizione di pagine di ispirazione sia sacra che squisitamente mondana: rispettivamente Die Schöpfung (La creazione), e la Water Music e la Music for the Royal Fireworks.

L’appuntamento che ha per titolo …c’è un luogo. Noi ci incontreremo là. Voci nella preghiera intende poi essere un momento di incontro e di ascolto (nel senso evangelico) di voci in preghiera, estatiche, attorno alla parola e al pensiero del filosofo Massimo Cacciari, che avvolgono e trascinano in un turbine, come il vento del deserto.

Il dramma per musica in tre atti Demofoonte, composto da Niccolò Jommelli nel 1770 e rappresentato a Napoli nello stesso anno, verrà diretto da Riccardo Muti, e si inscrive – dopo gli episodi de Il ritorno di Don Calandrino di Cimarosa e de Il matrimonio inaspettato di Paisiello – nel progetto mirato al recupero della scuola musicale napoletana del Settecento e alla sua profonda influenza sul panorama europeo e che coinvolge, quest’anno, oltre al Festival di Pentecoste di Salisburgo e il Ravenna Festival, l’Opéra di Parigi. Legata al tema e nello stesso tempo al progetto sulla Scuola Napoletana è anche l’esecuzione della Missa Defunctorum di Giovanni Paisiello.

Il programma sinfonico del festival prevede, oltre all’oramai tradizionale concerto che vede Riccardo Muti sul podio dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino (sempre nell’ambito del progetto “Le Vie dell’amicizia”), altri due importanti appuntamenti entrambi legati al filone tematico del sacro: Christoph von Dohnanyi, con l’Orchestra dell’Opera di Parigi, propone un’importante lavoro della compositrice russa Sofia Gubajdulina (n. nel 1931), il concerto per violino e orchestra Offertorium; Pierre Boulez, invece, sul podio dell’Orchestre de Paris (con il Choeur de l’Orchestre de Paris), dirigerà due capolavori assoluti del ’900 quali la stravinskiana Sinfonia dei salmi e la Messa glagolitica di Janácˇek.

Il tema sarà ulteriormente sviluppato anche da due importanti lavori di danza e teatro musicale: R¯umi. In the Blink of the Eye di Robert Wilson e Kudsi Erguner e Sutra con i Monaci Buddhisti del Tempio Shaolin. Il nuovo spettacolo di Wilson (proposto per la prima volta in Italia) è dedicato, al grande poeta mistico sufi Maulana Gialal al-Din Rumi (1207-1273). Il lavoro nasce dalla collaborazione del regista americano con il musicista turco Kudsi Erguner e utilizza essenzialmente la musica, il canto e la danza.

Sutra nasce invece dall’incontro tra il coreografo di origine marocchina Sidi Larbi Cherkaoui e i Monaci Buddhisti del Tempio Shaolin, sollecitato dallo studioso di buddhismo Antony Gormley. Tutto l’originale lavoro artistico di Larbi Cherkaoui è tra l’altro improntato alla umana ricerca del divino nei tempi moderni e si inserisce perfettamente nel contesto tematico del festival, analogamente a quanto avviene per la figura della vocalist e compositrice americana di origine greca Diamanda Galas, che presenta il suo Maledictions and Prayers, anch’esso incentrato sul senso del divino nelle contraddizioni della realtà contemporanea (con un’attenzione particolare al poeta Pier Paolo Pasolini).

Uno tra i maggiori e sicuramente più interessanti coreografi italiani come Virgilio Sieni ha accettato di realizzare espressamente per Ravenna Festival, con la collaborazione del filosofo Giorgio Agamben, una nuova creazione intitolata Oro e articolata in quattro distinte pièces (liberamente ispirate ai libri  II, III, IV, V, VI del De rerum natura di Lucrezio): “Tenue, discorso sugli astri”; “Brin, la fredda mente dei cervi”; “Quiete, la quiete apparente dei corpi” e “Sottile, istante di tempo”. Si tratta di un omaggio alla cultura figurativa bizantina e orientale, con particolare riferimento alla rappresentazione del corpo e delle figure, e al senso dello spazio. Oro come metafora del corpo.

Altra produzione di Ravenna Festival, sul fronte musicale e visuale è la mostra-installazione Bianco Nero Piano Forte di Silvia Lelli e Roberto Masotti, tra i maggiori fotografi di spettacolo in ambito nazionale e internazionale. Si tratta di un percorso inedito sul pianoforte come simbolo musicale, e sul suo uso-abuso nell’ambito della contemporaneità musicale.

In assenza dell’uomo le cose cosa sono? Forme inerti, impronte lasciate nel solco della storia o figure pulsanti dell’immaginario? Un pianoforte senza pianista cosa fa? Aspetta, medita, evoca, semplicemente sta? E dell’uomo ha nostalgia? Forse l’assenza dell’uomo non è che la nostalgia ch’egli ha di se stesso.
Il pianoforte, eletto così a protagonista, più che essere da noi osservato, ci osserva. Implacabile, nero, lucido, teso.

Alla mostra-installazione sono poi collegati quattro episodi che vedono impegnati pianisti come Stefano Battaglia (con un omaggio a Pasolini), Fabrizio Ottaviucci (sul tema del raga indiano interpretato obliquamente da punti di ascolto affatto contemporanei, come quelli di Terry Riley, Giacinto Scelsi e lo stesso Ottaviucci), Daniele Lombardi (con un omaggio al futurismo musicale, nel centenario del Primo Manifesto Futurista) e il surreale funambolo della tastiera Misha Mengelberg, pianista ucraino/olandese, figura storica della scena improvvisativa europea che dagli anni ’60 si è  ritagliato uno spazio unico ai confini tra free jazz e musica contemporanea.

Prosegue la ricognizione sui rapporti tra cinema-immagine e musica con tre proposte che vedono coinvolti alcuni tra i maggiori jazzisti italiani (anch’essi pianisti, tra l’altro, in una sorta di propaggine di Bianco Nero Piano Forte): Giorgio Gaslini, con le sue musiche per uno dei capolavori di Michelangelo Antonioni, ovvero La Notte (1961), e Danilo Rea assieme a Rita Marcotulli nell’accompagnamento live di Metropolis (1927) di Fritz Lang, oltre a Canzoni nel cinema, sempre con Danilo Rea ma con una voce (e un autore) d’eccezione: Gino Paoli. Si tratta di un viaggio emozionante alla riscoperta delle grandi canzoni legate al cinema di ieri e di oggi. Dai leggendari anni Trenta, stagione d’oro del film musicale americano, attraverso le canzoni del cinema francese, fino al cinema italiano, senza dimenticare un omaggio speciale ad Anna Magnani.

La sezione di danza, oltre al già citato Sutra, comprende una novità assoluta per l’Italia come l’ultimo lavoro del coreografo inglese Matthew Bourne (già presente al festival in passato con un magnifico Swan Lake), ovvero Dorian Gray, presentato nell’edizione 2008 del Festival d’Edinburgo. Il soggetto è quello immortale (come avrebbe voluto essere il protagonista) di Oscar Wilde: l’ossessione della giovinezza (quanto mai attuale oggi, allorché pare che nessuno vorrebbe invecchiare), che si vorrebbe senza fine, il narcisismo, il doppio, la vanità e le seduzioni del male. Sullo sfondo un ulteriore omaggio al grande maestro Antonioni e al suo Blow Up (1966).
L’Ensemble di Micha van Hoecke (sempre presente al festival a partire dalla prima edizione del 1990) presenterà invece una nuova creazione ispirata alle Baccanti (ovvero le Menadi, le “donne folli” che prendevano parte ai culti orgiastici di Dioniso, in preda alla possessione del divino) di Euripide.

La sezione dedicata alla danza viene poi completata, oltre che dalla esibizione di una tra le principali compagnie di danza contemporanea attive nella scena statunitense, ovvero l’Hubbard Street Dance Chicago – costituita nel 1977 da Lou Conte e attualmente diretta dal coreografo Jim Vincent – da un omaggio che il festival rende ad una delle grandi protagoniste del ’900, ovvero la grande Maja Plisetskaja, che chiuderà un grande gala – nel corso del quale si esibiranno alcune delle grandi étoile della scena coreutica internazionale – interpretando la creazione che Maurice Béjart le ha voluto dedicare: Ave Maja.

Musica da camera e antica hanno sempre un loro significativo spazio, contribuendo anche a valorizzare i tesori artistici che la città custodisce gelosamente: ed ecco allora Un Libro de Horas de Isabel La Católica (le preghiere polifoniche di Isabella di Castiglia) proposto dal Coro Odhecaton diretto da Paolo Da Col, e uno dei vertici assoluti del barocco musicale, ovvero le Rosenkranz Sonaten (le Sonate sui Misteri del Rosario) scritte dal grande compositore-violinista boemo Heinrich Ignaz Biber. Ritornano poi i sempre apprezzati Solisti dei Wiener Philharmoniker.
Con Duel poi, Laurent Staïcu e Laurent Cirade, tanto stravaganti quanto artisti internazionali, si affrontano sul palco con il proprio improbabile strumentario (oltre ai più consueti pianoforte e violoncello) in un delirio di prestazioni alternando umorismo, poesia e gag musicali durante l’esecuzione di un incredibile programma che va da Bach ai Beatles, passando per Ennio Morricone. Senza mai ricorrere alla parola, attraversano generi diversi tra musica classica e umorismo alla Laurel & Hardy.

L’attenzione che il festival dedica da anni ad una delle forme musicali più prolifiche e popolari del ’900, ovvero il musical, porterà sul palcoscenico del PalaFiera di Forlì la produzione del momento: Mamma Mia!, basata su quelle perfette realizzazioni che sono i songs degli ABBA e con l’efficace e raffinata messinscena di una tra le più promettenti registe della ricca scena anglosassone: Phyllida Lloyd. L’evento conclusivo della ventesima edizione del Ravenna Festival vedrà l’incontro di due pianisti sensazionali come Lang Lang – già enfant prodige e ora stella di prima grandezza dell’universo classico – e Herbie Hancock – vera e propria leggenda vivente del jazz – con i giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini, in una sequenza mozzafiato di soli, duetti e concerti per due pianoforti e orchestra. I due fuoriclasse si sono ‘sfidati’ nell’ambito della presentazione della 50a edizione dei Grammy Awards nell’esecuzione della Rapsodia in blu di Gershwin (composizione che farà parte anche del programma ravennate), da lì è nato il progetto di una collaborazione più estesa che esplori i terreni di confine della musica, senza distinzione di genere.

Completeranno il programma le oramai tradizionali e sempre più apprezzate e seguite Liturgie musicali officiate la domenica mattina e i concerti pomeridiani che vedono coinvolti gli strumentisti dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini che rinnova la sua residenza estiva a Ravenna nel periodo del festival (oltre al concerto di chiusura l’Orchestra sarà coinvolta in alcuni dei più importanti appuntamenti del festival quali i già citati Requiem di Paisiello e il Demofoontedi Jommelli).