Salieri e la scuola di Vienna
1-31 luglio 1990

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“Ho accettato la proposta rivoltami dalla città di Ravenna di contribuire al Festival musicale perché mi sembra ci sia la volontà corrispondente alla mia intenzione ed ai miei desideri di fare un Festival vero. L’Italia e l’Europa pullulano di manifestazioni spesso di natura festosa o festiva, ma alle quali è difficile attribuire la dizione di Festival. Che cosa abbiamo pensato, per fare di “Ravenna Festival” una manifestazione che avesse tutti i requisiti necessari per essere un buon Festival, per farne un appuntamento di grande qualità artistica e di grande richiamo, cose entrambe sempre difficili da far coesistere?

Il biennio nel quale si snoderà il programma del Festival corrisponde al dispiegamento in Francia, ma non solo lì, dei festeggiamenti per il bicentenario della Rivoluzione Francese. Ho l’impressione che molte delle manifestazioni allestite siano state “eccessive” e forse hanno già portato ad una certa stanchezza.

Penso che negli anni prossimi di Rivoluzione Francese si parlerà sempre meno e forse addirittura con un certo fastidio per via della saturazione che questo avvio di celebrazioni ha provocato. Tutto ciò è sbagliato anche perché la vera Rivoluzione Francese è continuata fino al ‘94. Il culmine sono stati proprio gli anni ‘90, ‘91, ‘9.2, anni in cui anche la partecipazione, il contributo italiano è stato di estrema importanza, soprattutto in campo musicale. Si tratta di una peculiarità che non viene di solito tenuta in considerazione, non viene messa in luce a sufficienza.

Noi siamo partiti da qui da questo aggancio alla Rivoluzione francese, un collegamento non pedantesco, forse spesso non esibito, comunque tale da evitare la noia delle celebrazioni spesso ridotte a sola retorica.

Due saranno le direttrici di marcia per il prossimo biennio del Festival; il ‘90 sarà imperniato su Salieri e la Scuola Viennese, il ‘91 su Cherubini e la Scuola Francese. Perché scuola? Perché la grande Scuola Viennese di Haydn, Schubert e Beethoven, fino a Liszt, deve moltissimo a Salieri. Non solo per quanto riguarda la formazione di questi grandi compositori, allievi devotissimi, quasi in atteggiamento di adorazione davanti a Salieri, fino alla fine della loro vita, ma per l’impronta che il musicista italiano ha dato alla Scuola Viennese durante tutto l’800.

Salieri ha fondato ed è stato il primo Direttore dell’Accademia musicale di Vienna e a lui devono molto i suoi allievi diretti come Beethoven o Schubert che Salieri ha cresciuto. Schubert senza Salieri non sarebbe stato probabilmente Schubert, non avrebbe scritto le sue composizioni “tedesche”. I musicisti tedeschi devono molto a Salieri.

Per ciò che riguarda Cherubini, egli è stato invece il Fondatore e fino al 1842 il Direttore del grande Conservatorio di Parigi, modello di educazione al quale si è poi rifatta la musica francese dell’800 fino a Gounod e Berlioz, a Debussy e a Ravel. Tutti devono moltissimo a Cherubini, io sono uno dei più grandi paladini di Cherubini e aggiungo che si deve all’attività esemplare di Riccardo Muti la messa in giusta luce delle cose più significative di Cherubini. Ma a questo punto occorre tornare a Salieri poiché anche lui è profondamente legato alla Rivoluzione Francese.

Il rapporto fra Salieri e Parigi inizia nel 1784 quando il grande Gluck già vecchio riceve la commissione per comporre un’opera per «L’Operà» di Parigi su un testo di Calzabigi tradotto poi in lingua da un librettista francese. Gluck sente di non avere più le forze e l’inventiva per comporre quest’opera e ne affida la composizione ad un suo giovane pupillo che stima più di ogni altro compositore: appunto Salieri. Salieri compone allora “LES DANAIDES”. In Francia veniva considerata come una delle opere fondamentali della tradizione operistica di quel paese, tant’è che per il centenario del 1884, mentre in Italia l’opera continuava ad essere ignorata, in Francia c’è addirittura una ristampa della partitura e dello spartito, una partitura che io ho avuto la fortuna di avere.

Ora io intendo che quest’opera sia realmente il capolavoro di Salieri. La tradizione vuole che la migliore composizione di Salieri sia da considerare il “Tarore” che il musicista compose nel 1787, quasi alla vigilia della Rivoluzione Francese, su un testo di Beaumarchais. Si tratta certamente di una delle opere fondamentali del maestro, che ben illustra il clima musicale e culturale in cui la Rivoluzione Francese si è sviluppata. Tuttavia Salieri, nel momento della sua rappresentazione a Vienna non ne ha fatto una traduzione in tedesco. Ne ha fatto invece una versione italiana rappresentata poi a Siena.

Di Salieri sono state rappresentate altre opere. Anzi, recentemente si assiste ad una sorta di revival grazie al rinnovato interesse per il compositore italiano suscitato dal film di Milos Forman “Amadeus” nel quale la figura di Salieri non viene presentata nella sua vera luce storica.

Non c’è dubbio che si tratti di un film bellissimo che pur travisando la realtà ha consentito un rinascente e opportuno interesse sia attorno alla figura di Salieri, che a quella di Mozart. Un ottimo auspicio per entrambi i grandissimi compositori.

Ma “Les Danaides” sono un’opera da palcoscenico con uno straordinario finale. A differenza della chiusura del “Don Giovanni” di Mozart, dove l’inferno è più che altro immaginato, qui esso viene portato sul palcoscenico, ottenendo un incredibile esito dantesco. Per avere cognizione esatta di quest’opera occorre porla in relazione al “Don Giovanni” di Mozart. Nell’ouverture de “Les Danaides” e molti parti dell’opera si può constatare quante idee Mozart ha preso da Salieri.

Ma se grande è il debito di Mozart nei confronti del musicista italiano, ancora più grande è quello di Beethoven. Beethoven ha preso gratuitamente lezioni da Salieri per 8 anni e ha continuato a far vedere le sue produzioni a Salieri fino alla composizione della Nona Sinfonia (che figura nel programma di quest’anno). Il “Fidelio” ad esempio porta l’impronta indelebile di Salieri.

Stesso debito a Salieri deve il giovane Schubert, mantenuto da quando aveva 8 anni in collegio da Salieri. Se Schubert ha scritto le sue prime cinque Sinfonie è solo grazie a Salieri. Quando il maestro italiano ha festeggiato il Giubileo della sua permanenza a Vienna, Schubert gli ha scritto una cantata con testo e musica nella quale Salieri viene definito “angelo in terra”.

Nel programma del Festival abbiamo cercato di mettere in evidenza tutte le connessioni che abbiamo descritto, nel tentativo di contribuire a restituire ad Antonio Salieri quel posto che gli spetta nella storia della Musica.”

Roman Vlad