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  • Data di creazione 28 Maggio 2025
  • Ultimo aggiornamento 28 Maggio 2025

Presentato il libro di Ravenna Festival 2025

Donde hay música no puede haber cosa mala

Il libro-catalogo di Ravenna Festival 2025

Come ogni anno, puntuale ad annunciare l’inizio dell’ennesimo lungo e intrigante viaggio attraverso musica, teatro, danza e i più diversi linguaggi artistici e performativi che animerà la città e il territorio nei prossimi mesi, si presenta al pubblico il libro-catalogo di Ravenna Festival. Che ancora una volta dà conto della natura “polifonica” del cartellone e dei nuclei tematici che lo caratterizzano, nonché delle riflessioni che scaturiscono da scelte artistiche che a loro volta si nutrono del proprio tempo, della contemporaneità, in un moto circolare di idee, di scambi e di pensieri che poi è l’essenza stessa del fare artistico.

“Donde hay música no puede haber cosa mala”: se il titolo scelto per questa 36° edizione è preso a prestito dal capolavoro di Cervantes, ecco che ad aprire il libro, proiettando il cavaliere della Mancia in terra romagnola, subito appare un dipinto poco conosciuto quanto interessante e singolare, in cui il pittore ravennate Domenico Miserocchi (1862-1917) ritrae proprio Don Chisciotte: una sorta di quadro nel quadro che colloca il protagonista, sul suo malconcio Ronzinante, nel bel mezzo di una “cornice” che ne riassume le imprese più significative, e di cui danno conto Giorgio Costa e Adele Felletti Spadazzi, inquadrando storicamente il Miserocchi, detto e’ Pasturì, tra la sua città e Firenze, dove si formò allievo di Giovanni Fattori.

Ma il tema cavalleresco è declinato secondo l’appartenenza “romagnola” anche da uno studioso e linguista come Giuseppe Bellosi, che introduce il lettore al primo esempio di poesia dialettale in Romagna: il Pulon matt, poema appunto in dialetto di anonimo cesenate risalente ai primi del Seicento, del quale Bellosi traccia le influenze derivanti dal pressoché coevo poema dell’Ariosto, l’Orlando Furioso.

A chiudere la sezione “donchisciottesca” è riproposto un illuminante saggio di Pietro Citati, che approfondendo la figura dell’hidalgo seicentesco, in questa edizione per la terza volta al centro di una delle produzioni teatrali del Festival, conduce a una finestra aperta proprio sulle realtà teatrali ravennati con le quali il Festival negli anni ha stabilito importanti e duraturi rapporti di collaborazione, condividendo spunti e progetti creativi. Una sorta di “prima ricognizione del teatro a Ravenna Festival” introdotta dalle parole di Franco Masotti - Felix Ravenna – che si sofferma appunto su alcune compagnie: per il Teatro delle Albe il puntuale resoconto è di Marco Sciotto, per Fanny & Alexander è di Rodolfo Sacchettini, mentre a raccontare il rapporto con Elena Bucci è Alessandro Toppi, tre studiosi di teatro che indagano un rapporto duraturo e fruttuoso.

È con l’inserto fotografico che il libro-catalogo affonda le mani nella contemporaneità, nella tragica realtà quotidiana di un popolo: I Grant You Refuge è il titolo della mostra da cui sono tratti gli scatti di sei fotografi palestinesi – curata da Paolo Patruno, attualmente allestita in città – che danno conto del dramma che da oltre due anni sta vivendo il popolo palestinese. Fotografie toccanti e scomode, che ci chiedono della nostra indifferenza e spingono a rompere il silenzio, e sono frutto del lavoro di Shadi Al-Tabatibi, Mahdy Zourob, Mohammed Hajjar, Saeed Mohammed Jaras, Omar Naaman Ashtawi e Jehad Al-Sharafi.

A esse si collega naturalmente il saggio di Marcello Lorrai, giornalista di Radio Popolare, di cui è stato anche direttore dei programmi nonché collaboratore de il manifesto e della Radio della Svizzera italiana, che, anche prendendo a riferimento i protagonisti dei concerti allestiti in collaborazione con il Festival delle Culture, ne Il canto di un popolo traccia la storia di “un secolo di musica palestinese”.

Nella seconda parte del libro, attraverso un’altra perlustrazione lungo le tracce significative del Festival, ovvero quella rivolta alla Vocazione al sacro quindi alla musica sacra e liturgica che da sempre caratterizza i cartelloni, condotta dal musicologo Marino Angelocola, ci si avvia a celebrare alcuni importanti anniversari.

Come i 500 anni dalla nascita di Giovanni Pierluigi da Palestrina, il più importante compositore della Chiesa Cattolica e modello imprescindibile per tutta la musica sacra (e non solo) a venire, di cui scrive in un intrigante saggio Marco Della Sciucca, specialista già autore di una importante monografia sull’argomento.

Poi i centenari della nascita di due protagonisti della musica del Novecento: Luciano Berio e Pierre Boulez, entrambi in passato ospiti di Ravenna Festival, qui affiancati grazie a due loro scritti (rispettivamente Del gesto e di Piazza Carità e Questioni di generazioni) che rimandano a un’esperienza comune, un aneddoto che li vede a Napoli appunto in cerca di Piazza Carità.

Per Roberto De Simone, poi, non si tratta di un anniversario, ma solo di omaggiare uno degli indiscussi (e talvolta misconosciuti) protagonisti della vita musicale e teatrale del nostro Paese venuto a mancare pochi mesi fa: a ricordarlo con affetto è Riccardo Muti, che con lui tante volte ha collaborato a importanti produzioni operistiche, tra l’altro anche a Ravenna Festival – in buca i Wiener Philharmoniker, per due titoli della trilogia Mozart-Da Ponte, diretti da Muti, alla regia appunto De Simone.

Infine, alcuni scritti che si legano a produzioni che punteggiano il cartellone: il musicologo Giordano Montecchi, sapiente indagatore del contemporaneo musicale (soprattutto quello antiaccademico), ci restituisce un quadro dell’avvincente esperienza compositiva di Heiner Goebbels, autore tra l’altro di Surrogate Cities; Helmut Failoni, critico musicale del Corriere della Sera, tratteggia un ritratto di Uri Caine, presente al Festival con il suo The Passion of Octavius Catto; mentre Alessandro Carrera – il più illustre “dylanologo” italiano - prova a ripercorrere la singolare vicenda, o meglio vera e propria leggenda, del concerto di Bob Dylan a Manchester del maggio 1966 – lo stesso che Cat Power riprenderà anche sul palcoscenico ravennate.

Ancora, Pierfrancesco Pacoda, critico musicale e saggista che si occupa di linguaggi, culture e stili di vita giovanili, con un’attenzione particolare alla musica, introduce il lettore alla Napoli segreta, ovvero a una discografia minore eppure fertile nella Napoli degli anni Settanta e Ottanta, gli stessi che poi porteranno a musicisti come Pino Daniele.

A chiudere il volume, della figura di Anita Garibaldi, centrale nella nuova opera di Gilberto Cappelli, ci racconta uno storico del Risorgimento quale Sauro Mattarelli.

Il libro è in vendita, al prezzo di 30 euro, alla Biglietteria del Teatro Alighieri, nei luoghi di spettacolo,
alla Libreria Dante di Longo e nei bookshop presso: Basilica Sant’Apollinare in Classe, Mausoleo di Teodorico, Museo Nazionale, Casa Dante, Classis Museo del Territorio e della città, Domus Tappeti di Pietra.

 

Colophon

Direzione editoriale
Franco Masotti

Progetto editoriale
Giovanni Trabalza

Redazione
Susanna Venturi, Cristina Ghirardini

Impaginazione
Grazia Foschini

Copertina stampata su carta patinata
Diva Art Duo g. 300
certificata FSC® Mix Credit

Interno stampato su carta patinata
Garda Matt Ultra g. 130
certificata FSC® Mix Credit

Stampa
Grafiche Morandi, Fusignano

Si ringraziano:
per l’Istituzione Biblioteca Classense, Silvia Masi, Daniela Poggiali
per il Festival delle Culture il curatore della mostra “I Grant You Refuge”, Paolo Patruno
per le immagini dei dipinti di Domenico Miserocchi Giorgio Costa e Adele Felletti Spadazzi, e La Cassa di Ravenna S.p.A.
per il disegno di Hiba Abu Nada Gianluca Costantini

In copertina, illustrazione di Stefano Ricci, 2025

L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda le fonti iconografiche non individuate.

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