Rumore e “visione” del tempo, il libro di Ravenna Festival 2017
Il libro-catalogo di Ravenna festival costituisce da sempre una preziosa guida – quasi un sussidiario o un baedeker se si preferisce – che aiuta ad orientarsi nei nodi tematici, quest’anno ben tre, mettendo in luce insospettabili connessioni e analogie rivelatrici. Così il tema “rivoluzione”, che si impone per via di una ineludibile ricorrenza storica: quella dello scoppio della Rivoluzione Russa, la prima del “secolo breve” che in dieci giorni – come scrisse il giornalista americano John Reed – sconvolse il mondo, viene variamente declinato e indagato con varietà di accenti e approcci. Se è vero infatti che si trattò di esplosione con tratti libertari è vero anche che si trasformò in breve tempo nel suo opposto: in una plumbea e inesorabile repressione liberticida. Di tutto questo danno conto gli ampi saggi pubblicati firmati dal grande poeta russo Aleksandr Blok (che tra l’altro dedicò una poesia a Ravenna, da lui visitata), dal giornalista Domenico Quirico, e dal grande intellettuale Tzvetan Todorov, recentemente scomparso. Se il catalogo viene aperto da due tavole commissionate all’artista ravennate Gianluca Costantini che mettono a raffronto 1917 e 2017 va citato anche lo scritto del poeta russo Osip Mandel’stam tratto proprio dalla raccolte di prose che ha prestato il titolo al nostro festival (“Il rumore del tempo”). Due sono poi i saggi, degli studiosi Michael Böhmig e Eugene Ostashevsky – dedicati all’opera futurista russa “Vittoria sul sole”, presentata dal festival in prima assoluta italiana (pur essendo del 1913!) e sempre due i contributi “storici” sul futurismo italiano e russo a firma nientedimeno che di Lev Trockij e Antonio Gramsci, mentre uno dei massimi specialisti di letteratura russa del ’900, Fausto Malcovati, ci parla dei grandi poeti “compagni di strada” della Rivoluzione. Non poteva mancare un omaggio, a opera del suo massimo esegeta e biografo italiano, Natalino Valentini – a quella straordinaria figura – teologo, scienziato, studioso di estetica ecc. – che è Pavel Florenskij, anch’egli vittima come Mandel’stam delle atrocità dello stalinismo. Non sono poi state trascurate vicende ‘locali’ che ci parlano di figure a vario titolo rivoluzionarie e che vanno dalla ‘protofemminista’ romagnola Luisa Minguzzi (il cui profilo è tratteggiato da Laura Orlandini) al mosaicista partigiano Sauro Ballardini (Guido Pasi), passando per il breve ma intenso racconto partigiano di Matteo Cavezzali e le appassionanti rievocazioni degli ‘alberi della libertà a fine ’700 e della Settimana Rossa del 1914 (rispettivamente di Giovanni Fanti e Alessandro Luparini). Gli altri due temi affrontati dal festival poi, ovvero Dante e l’India, sono oggetto della lunga intervista di Iacopo Gardelli a Ermanna Montanari e Marco Martinelli, ovviamente incentrata su “Inferno”, e dei saggi di Ananda Coomaraswami, Linda Cimardi, sulla figura di Alain Danielou, e Pierfrancesco Pacoda, sulla scoperta della India negli anni della rivoluzione psichedelica, a 50 anni esatti dall’uscita di Sgt. Peppers Lonely Hearts Club Band dei Beatles.

La sezione iconografica
Ravenna è il mosaico. Nella millenaria storia di Ravenna costellata di straordinarie figure – da Augusto a Teoderico, da Sant’Apollinare a Dante, da Lord Byron a Corrado Ricci, solo per fare alcuni nomi, il mosaico rappresenta un lungo filo rosso che identifica in maniera inequivocabile e peculiare l’antica Capitale Bizantina dal V secolo ai giorni nostri. Ravenna Festival ha da sempre dedicato grande attenzione ai temi che identificano la Città di Ravenna, il mosaico su tutti. Nelle ventotto edizioni del libro catalogo ben sette affrontano il tema del mosaico, un linguaggio artistico ‘nostro’ che pur mutando espressione conserva nei secoli una tecnica ravennate-bizantina che ci identifica nel mondo. Dal mosaico antico, ricordando che nel 1996 vennero presentati in anteprima i “Tappeti di pietra” oggi esposti nei luoghi originari, al cielo straordinario di Galla Placidia ‘sezionato’ e fotografato in una lunga notte del 2003; dall’icona della città santa per eccellenza che capeggia nella copertina del 1999 dedicata a “Verso Gerusalemme” ai mosaici medievali di San Giovanni Evangelista pubblicati nel 2000. Nel 2007 furono pubblicati i cartoni preparatori realizzati da un gruppo selezionato di artisti per l’iniziativa promossa nel 1965 per il VII centenario della nascita del Sommo Poeta poi tradotti in mosaico da artisti ravennati (oggi esposti al Mar). Ancora mosaico, questa dei tempi nostri con la trasposizione della Chambre Turche di Balthus (1995) prima e delle Montagne sacre di Antonioni poi (era il1998) trasposte da Alessandra Caprara, Silvana Costa, Luciana Notturni, Daniele Strada sotto la direzione artistica di Renato Signorini) fino a “seiling to Byzantium”con Mediterraneo di Marco De Luca, Ardea Purpurea di Marco Bravura e la scultura funeraria per Rudolf Nureyev realizzata da Akomena Spazio Mosaico.
Quest’anno con la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna, il commento visivo del libro si raccorda anche con la Biennale del Mosaico, prevista per ottobre e novembre prossimi, imbastendo un racconto che parte dai Maestri Mosaicisti, definizione cara a Severini, per coinvolgere i loro allievi. Dall’istituzione della Scuola presso l’Accademia di Belle Arti, nel 1924, la fortuna del mosaico non ha subito soluzioni di continuità, ma ha costituito a Ravenna una nuova “tradizione” – dopo quella bizantina – arricchita da ricerche e scelte operative originali che si collocano al di fuori di categorie critiche dai confini netti. Nel catalogo si presentano quindici opere che, come commenta Linda Kniffitz, “esprimono tutte, con intensità diverse, il senso dello strappo: dalla storia, dalla tradizione iconografica, dalla retorica, dalla forma; con il desiderio di ricomporre e risarcire, attraverso un movimento armonico o spezzato, controllato o disordinato delle tessere, una smagliatura, un disagio, un’inversione di marcia, un trauma”.
Ma grande e continua attenzione è stata rivolta anche alla fotografia, arte per eccellenza della modernità, con ampio spazio dedicato ai fotografi ravennati o del nostro territorio che partiti e formatisi a Ravenna si sono fatti conoscere nel mondo. Tre di essi quest’anno sono protagonisti a tutti gli effetti del festival: il sodalizio Lelli e Masotti e Alex Maioli. Ma è la longeva coppia artistica che scandisce le pagine del catalogo, aggiungendovi scatti che da soli identificano un’epoca, un personaggio, un irripetibile istante creativo fissato per sempre. E così, se il festival non ha potuto – ovviamente – rendere conto di tutti i protagonisti delle rivoluzioni musicali degli ultimi decenni, così sommossi da movimenti, rivolte, ribellioni estetiche, chi è assente è pur presente “in effige”, da John Cage a Demetrio Stratos, da Han Bennink a Luigi Nono, dando vita, nella mente del lettore, ad un Festival parallelo tutto immaginato ma i cui suoni evocati ci emozionano. Le foto – tratte dalla mostra ‘Musiche’ ospitata al MAR, vengono ‘interpretate’ dal filosofo e musicologo Carlo Serra, che ne dà una lettura appassionata e rivelatrice assieme.

Colophon: Direzione editoriale Franco Masotti / Progetto editoriale Giovanni Trabalza / Redazione Susanna Venturi, Cristina Ghirardini / Progetto grafico e impaginazione Antonella La Rosa / Stampato su carta naturale Fedrigoni X-Per /Stampa Grafiche Morandi, Fusignano
In copertina: “Attraverso l’oltre” di Francesca Fabbri 2013