IN PRINCIPIO ERA IL RITMO: LE 100 PERCUSSIONI DI RAVENNA FESTIVAL
Dal 6 al 15 giugno, dieci giorni di eventi in città (e non solo) celebrano tutte le incarnazioni del ritmo

C’è un battito irresistibile che accende il cuore del Festival: tribale, misterico, iterativo, il suono delle percussioni ci trascina in un viaggio in dieci giornate – di concerti, di scoperte, di incontri – che dal 6 al 15 giugno celebra questi strumenti onnipresenti in tutte le culture musicali del pianeta, in ogni genere e stile. Legni, pelli, metalli disegnano la pulsazione dei nostri universi sonori sin dall’alba dei tempi e il progetto Le 100 percussioni rende loro omaggio con una serie di appuntamenti organizzati in collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana, fra le più antiche e importanti istituzioni musicali. Cornice degli eventi teatri e chiese, archeologie industriali e capanni sugli argini, fino al grande concerto finale al Pala De André per il quale salirà sul palcoscenico una grande formazione costituita anche attraverso una chiamata aperta ai percussionisti del territorio – e oltre. Zigzagando veloce fra le geografie della musica, ora negli agglomerati urbani dell’Uganda e poi nei quartieri coloniali di Buenos Aires, passando dall’ipnosi della techno africana alla forza avvolgente di maestri riconosciuti della musica contemporanea come Steve Reich e Karlheinz Stockhausen, tra tamburi a cornice e batterie elettroniche, il Festival fa di Ravenna il punto di incontro fra culture e artisti, tra esplosioni, sussulti, palpiti – con cuore, urgenza e creatività.

Una nuova invasione musicale incombe su Ravenna: dopo i violoncelli e le chitarre, quest’anno la navigazione “per l’alto mare aperto” della XXX edizione si avventura fra i flutti per attraversare il vasto arcipelago delle percussioni. Dal primitivismo de Le Sacre du printemps di Stravinskij al gioiosamente rumoroso jazz, dalle esplosioni rock alla black music fino all’ossessività techno, la sterminata famiglia delle percussioni ha innervato dei propri battiti tutto il rivoluzionario Novecento. E ora anche la Ravenna che D’Annunzio cantava come “città del silenzio” risuonerà di tamburi, metallofoni e xilofoni, djembe, m’bire e kalimbe, dagli strumenti più classici a quelli più esotici. Il racconto del Festival si dipana sotto gli occhi affrescati dei santi nel Refettorio del Museo Nazionale e nell’abside del Teatro Rasi, ma anche nel candore barocco di S. Giacomo a Forlì e nella basilica industriale delle Artificerie Almagià, al teatro Alighieri e a Palazzo dei Congressi, nei duttili spazi della Darsena Pop Up, nonché all’aria aperta del centro storico e quella dell’argine dei Fiumi Uniti.

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Il porto di partenza è, fisicamente e idealmente, Ravenna, con una conversazione a cura di Francesco Martinelli dedicata al “ravennate a Parigi” Franco Manzecchi, pioniere della batteria jazz moderna (6 giugno nel Chiostro della Biblioteca Classense) seguita da Harmograph, trittico di omaggi firmati da Matteo Scaioli: Igor Stravinsky, Egisto Macchi e Giusto Pio saranno celebrati in tre concerti dal 7 al 9 giugno, tutti nella Sala del Refettorio del Museo Nazionale. Le 100 percussioni incontrano inoltre un appuntamento ormai tradizionale del Festival: il concerto trekking in collaborazione con Trail Romagna, che domenica 9 giugno accompagnerà il pubblico “Su la fiumana ove ‘l mar non ha vanto” (Inf. II, 108) con un percorso musicale e gastronomico (grazie alle stazioni curate dagli chef stellati di CheftoChef) tra argini, capanni e la foce dei Fiumi Uniti. Tra gli incontri del percorso – lungo sette km – le poesie dialettali di Nevio Spadoni, i racconti di pesca dello scrittore Fabio Fiori, la scanzonata opera dedicata alle avventure di Colombo del trio Al Caravèl, ma anche le percussioni sciamaniche di Vince Vallicelli con Don Antonio per Musica senza argini, i ritmi trascinanti di Alejandro Oliva e Marco Zanotti, i suoni ammalianti e delicatissimi della regina della m’bira. Proprio Stella Chiweshe, dallo Zimbabwe, converserà con Zanotti sabato 8 giugno al CISIM di Lido Adriano.

Vulcanico inizio di settimana con ben tre appuntamenti in programma per lunedì 10 giugno. Si comincia nel tardo pomeriggio da Piazza del Popolo con le prove aperte dell’Officina del Ritmo: conexión Buenos Aires con l’ensemble di percussioni diretto da Alejandro Oliva e coordinato da Marco Zanotti. A Palazzo dei Congressi il concerto serale è una performance di percussioni…e maratona: L’umiliazione delle stelle vedrà percussioni, strumenti a fiato ed elettronica dell’ensemble Ars Ludi accompagnare il video-romanzo scritto e recitato da Mauro Covacich, autore finalista del premio Strega. Infine, Nihiloxica all’Almagià: la techno incontra le percussioni ugandesi, prima delle notti pulsanti di questa rassegna.

Martedì 11 giugno è tempo di scoprire un tesoro nascosto quale Occam Ocean – Occam XXVI di Eliane Radigue, eseguito da Enrico Malatesta nel Refettorio del Museo Nazionale. Al Teatro Rasi invece doppio programma: mentre l’ensemble Ars Ludi (Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri) si esibisce in Ostinato di Giorgio Battistelli, il Chigiana Percussion Ensemble, guidato da Antonio Caggiano (che è anche docente al Conservatorio di Santa Cecilia) e spalleggiato dal soprano Silvia Lee, dal contralto Chiara Tavolieri e dall’ottavino di Manuel Zurria, si misura con il capolavoro assoluto del minimalismo Drumming di Steve Reich.

Mercoledì 12 giugno è tempo per l’incontenibile esplosione di Officina del Ritmo alla Darsena Pop Up, un’esperienza guidata dai codici gestuali de “La Bomba de Tiempo”, creata nel 2006 da Santiago Vázquez con l’obiettivo di esplorare il ritmo per produrre una musica potente e ballabile in grado di rappresentare genuinamente, anche attraverso l’improvvisazione, tutte le influenze della sfaccettata e vivace cultura di Buenos Aires.

Giovedì 13 giugno incursione a Forlì per l’esecuzione di un altro caposaldo della musica contemporanea: la Chiesa di S. Giacomo accoglie Kathinkas Gesang als Luzifers Requiem (Il canto di Kathinka ovvero il Requiem per Lucifero da Samstag aus Licht) di Karlheinz Stockhausen, con flauto di Manuel Zurria e live electronics di Alvise Vidolin, pioniere fra i più influenti del sound design, accompagnati dal Chigiana Percussion Ensemble.

Il Festival si fa in quattro venerdì 14 giugno: si comincia dal Teatro Alighieri con Terra di Nicola Sani, affidato alle percussioni di Antonio Caggiano e al live electronics di Alvise Vidolin, e si continua nel centro storico con il Chigiana Percussion Ensemble mutato in Marching Band. Il ritmo sbarca ancora una volta in Darsena, prima con il concerto alle Artificerie Almagià del virtuoso statunitense e vincitore del Grammy Glen Velez, i cui tamburi a cornice si sposeranno al canto ritmico di Loire Cotler (con la partecipazione di Paolo Rossetti e Francesco Savoretti), e poi alla Darsena Pop Up con Percussion Voyager, altra notte di pulsazioni – in salsa dance floor – firmate da Matteo Scaioli e Maurizio Rizzuto.

Le 100 percussioni non può che concludersi con una festa di suoni: inseguendo i timbri di strumenti che arrivano da ogni latitudine, sommando battito su battito, groove su groove per un’unica, densa, vibrante pulsazione di cui traboccherà la notte, una grande orchestra di sole percussioni sarà la star di sabato 15 giugno al Pala De André. Tamburi nella notte è infatti anche il titolo, di suggestione brechtiana, della nuovissima composizione commissionata dal Festival a Michele Tadini, già autore del brano che ha coronato l’avventura delle 100 chitarre elettriche nella passata edizione. Per formare questo vasto organismo sonoro, le cui dimensioni non hanno precedenti nella storia della musica, il Festival ha lanciato una chiamata rivolta ad avventurosi esecutori che vogliano mettersi in gioco per confrontarsi con tanti altri musicisti e con la prima mondiale della composizione di Tadini (domande entro il 13 maggio). Si cercano percussionisti classici, percussionisti di tamburi a cornice, percussionisti di tamburi africani, cajon e metallofoni (gamelan) per “un lungo viaggio dentro e intorno allo strumento più antico del mondo,” nelle parole di Tadini: “avremo da un lato l’ammirazione estatica per il timbro e del ciclo ritmico ripetitivo e dall’altra lo sfogo violento, deflagrante. Tempo circolare / Tempo lineare. Rito e rottura. Ipnosi e movimento. Stasi e danza. Buon viaggio”.