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Create Date18 giugno 2018
Last Updated18 giugno 2018

Basilica di Sant’Apollinare in Classe, mercoledì 20 giugno ore 21

È il potere della musica, la sua capacità di resistere alle angherie del potere, che Ravenna Festival vuole ricordare nella sezione dedicata al “canto ritrovato della cetra”. Un titolo preso a prestito proprio dal brano che è al centro del concerto di mercoledì 20 giugno alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe: a esibirsi sotto gli antichi mosaici sarà uno degli ensemble vocali più apprezzati del panorama internazionale, The Sixteen, diretto da Harry Christophers, che l’ha fondato nel 1977 per raccogliere l’eredità della polifonica inglese del Cinque-Seicento e trarne gli insegnamenti utili a interpretare le opere corali contemporanee.

Il coro inglese, che da quarant’anni si esibisce con impeccabile precisione e intensità drammatica nei contesti più prestigiosi del mondo, acclamato dalla critica quanto dal pubblico, interpreterà infatti Super flumina Babylonis, il mottetto di Philippe de Monte (1521-1603) sul testo dal celebre incipit del Salmo 137 (“Lungo i fiumi di Babilonia sedevamo piangendo al ricordo di Sion. / Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre”), che esprime la tragedia del popolo ebraico, in esilio dopo la distruzione di Gerusalemme, e l’incapacità di intonare i propri canti di fronte al dolore per la perdita della patria. Uno sgomento, un silenzio che si tramuta in forza, fino ad approdare al mistero di una musica che sottotraccia riesce a dare un senso alla sofferenza e a resistere all’oppressione, alle imposizioni e alla censura.

Seguendo questa suggestione, il programma dei The Sixteen affianca il lavoro di due compositori le cui vite, seppure a quattro secoli di distanza, rivelano insospettate affinità: William Byrd (1539-1623) e Arvo Pärt (nato nel 1935). Entrambi scrivevano musica potenzialmente in contrasto con il regime dominante: uno nel mutevolissimo panorama religioso e politico dell’Inghilterra dei Tudor, l’altro in quello ateo dell’Unione Sovietica (da cui scelse di emigrare). Musica, in un caso e nell’altro, costruita meticolosamente, secondo complicate regole strutturali, e sempre ispirate da una devozione a Dio difficile da definire. E per entrambi musica che trova una intima ragione nella parola: “Nelle parole – scriveva Byrd - c’è un tal potere nascosto e misterioso che, a una persona che pensi alle cose divine, rigirandole diligentemente e seriamente nella propria mente, le misure musicali più appropriate vengono, non so in che modo, alla mente”. Praticamente lo stesso principio che afferma il compositore estone quando dice: “Sono le parole a scrivere la mia musica”.

Se William Byrd, cattolico, con l’ascesa al trono nel 1558 di Elisabetta I, quando i riti in latino furono messi al bando, dovette dedicarsi per la Cappella Reale soprattutto alla composizione di salmi e inni ammessi dal rito anglicano; Arvo Pärt, lontano dal potere centrale dell’URSS, riuscì a sperimentare il serialismo e linguaggi non ammessi dal regime, ma per la forte valenza religiosa opere come per esempio il suo Credo dopo il debutto del 1968 fu bandito e mai più eseguito in Unione Sovietica, accelerando una crisi che portò il compositore estone a un lungo silenzio e all’elaborazione di un nuovo stile, i “tintinnabuli” che gli conquistarono il pubblico di tutto il mondo. Da quel momento il suo catalogo si arricchì soprattutto di pagine corali sacre, ed è proprio da quelle che attinge Harry Christophers alla direzione dei The Sixteen, con brani come The Woman with the Alabaster Box, che richiama il suono delle campane cui si rifà appunto lo stile “tintinnabuli”, oppure The Deer’s Cry o Nunc Dimittis.

Specie dopo il 1590, William Byrd scrisse tanta musica, anche per riti celebrati in segreto dai cattolici inglesi: una sorta di musica “dissidente” che riuscì comunque, grazie ad amicizie altolocate, a pubblicare in parte in un Gradualia. Buona parte delle pagine scelte dal coro inglese, risalenti all’epoca Tudor, sono tratte invece dalle Cantiones sacrae, una raccolta del 1575 che celebrava il 17° anno del regno di Elisabetta I, stranamente con testi in latino nonostante all’epoca tutta la musica liturgica dovesse essere in inglese.

Info Info e prevendite: tel. 0544 249244 – www.ravennafestival.org <http://www.ravennafestival.org>
Biglietto (posto non numerato): I settore 30 euro (26 ridotto); II settore 20 euro (18 ridotto)
'I giovani al festival’: fino a 14 anni, 5 euro; da 14 a 18 anni e universitari, 50% tariffe ridotte.


THE SIXTEEN
Uno dei cori più raffinati dei nostri giorni («Gramophone»)
The Sixteen è uno dei gioielli della musica britannica. Internazionalmente riconosciuto come uno dei gruppi corali migliori del nostro tempo, è apprezzato per le sue esecuzioni che uniscono chiarezza e precisione con bellezza e intensità drammatica. La formazione concentra la propria attività sull’eredità della polifonia inglese antica, sui capolavori del Rinascimento e del Barocco, e su una scelta di opere corali del XX secolo. Nati nel 1977, The Sixteen si sono esibiti nelle sale e nei festival maggiori, dal Brasile al Giappone. Prestigiosi inviti hanno consentito esibizioni a Aix-en-Provence, Aldeburgh, Fiandre, Granada, Praga e BBC Promenade Concerts di Londra, al Festival di Salisburgo, al Festival di Lucerna, allo Halle Händelfestspiele con il Sansone di Händel, con il Messiah alla Sydney Opera House, al Festival di Brisbane ed al Concertgebouw di Amsterdam.
Nel 2000 The Sixteen ha realizzato un “Pellegrinaggio corale” alle più belle cattedrali inglesi, riportando alla sua sede originaria la musica precedente la Riforma, composta per questi edifici. Nei prossimi mesi il gruppo ha in programma lunghi tour in Giappone e USA, e ritorni al Covent Garden Festival, al Lincoln Center di New York, alla Bridgewater Hall di Manchester ed al Barbican Centre di Londra, e debutterà al Théatre des Champs-Elysées di Parigi, e ai festival di Belfast, Brighton, Chichester, Norwich  e Three Choirs.

HARRY CHRISTOPHERS
Harry Christophers è noto a livello internazionale come direttore dell’ensemble The Sixteen. Con il coro, e la sua orchestra The Symphony of Harmony and Invention, è apparso in molti dei maggiori festival mondiali, compresi quelli di Salisburgo, Praga, Aix-en Provence, il “Mostly Mozart” del Lincoln Center, ed il BBC Proms. Ha diretto la formazione in Europa, America e Asia, guadagnandosi ampia notorietà per il suo lavoro sulla musica rinascimentale, barocca e del XX secolo, e per le significative incisioni discografiche.
Riconosciuto come uno dei direttori britannici di maggior talento della sua generazione, ha studiato inizialmente da corista, quindi ha proseguito gli studi musicali al Magdalen College di Oxford dove nel 1977 ha fondato The Sixteen. Tra le sue registrazioni con The Sixteen spicca The Rose and the Ostrich Feather, che ha ricevuto il Gramophone Award per le registrazioni di Musica Antica, ed il Messiah, che ha vinto un Grand Prix du Disque.


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